Elsa Morante

romanzo

Menzogna e sortilegio

Un romanzo familiare scritto nella metà del Novecento ma ambientato, controcorrente, nell’Ottocento, in una città del Meridione, probabilmente in Sicilia e più specificatamente a Palermo e dintorni. 

È un libro di più di settecento pagine, eppure le vicende raccontate potrebbero benissimo essere riassunte senza difficoltà in una paginetta. L’attrattiva del romanzo non è l’intreccio narrativo, bensì l’atmosfera che si viene a creare così come il linguaggio utilizzato: è un libro scritto magistralmente, difficile è non rimanere incollati alle pagine, non lasciarsi trasportare dalla storia. 

Le vicende vengono narrate da Elisa che, rimasta sola dopo la morte della madre adottiva, decide di raccontare la storia della sua famiglia. Il libro potrebbe essere suddiviso in due parti: la prima, che segue le vicende avvenute prima della nascita di Elisa e, di conseguenza, sbaglieremmo a considerare la sua una narrazione attendibile (e qui fa capolino il tema centrale del romanzo, come il titolo stesso suggerisce: la menzogna) e la seconda, dove questa si fa più personale e le vicende narrate, essendo state vissute in prima persona dal nostro narratore, possono considerarsi più affidabili. 

Tema centrale è per l’appunto la menzogna. Riportando un estratto dal romanzo stesso:

“Io ero, difatti, venuta in possesso dell’ultima e più importante eredità lasciatami dai miei genitori: la menzogna, ch’essi m’avevano trasmessa come un morbo. Veramente, i loro casi funesti, che nell’infanzia m’avevano tanto turbata, erano i piú adatti a immunizzarmi dal nostro morbo ereditario. Essi mi mostravano, infatti, la disumana, solitaria fine riserbata a chi rifiuta la sorte assegnatagli in questa vita; e si finge uno scenario e una compagnia di menzogne, eleggendole a sua sola verità. E partecipa ad esse, come un demente condotto a teatro, il quale si spaventa alla tragedia rappresentata, e urla vedendo la primadonna trafitta, e vuol precipitarsi sulla ribalta ad uccidere il tiranno. Ma il povero folle ha per sua giustificazione, se non altro, la propria inesperienza di finzioni e di teatri, o, quanto meno, il non aver lui medesimo assistito o cooperato all’allestimento dell’inganno. Mentre colui del quale io parlo adora e crede vere delle maschere fabbricate da lui stesso; e per esse rinnega la propria esperienza terrena, e quindi anche il fine celeste, cui questa è mezzo.“

Il morbo della menzogna, in grado di ammaliare le nostre menti, di farci vivere in una realtà illusoria ma seduttrice, in grado di cullarci, di rendere sopportabile una vita molto spesso crudele, ma che può portare anche alla nostra stessa rovina.

silvia

Un romanzo familiare scritto nella metà del Novecento ma ambientato, controcorrente, nell’Ottocento, in una città del Meridione, probabilmente in Sicilia e più specificatamente a Palermo e dintorni. 

È un libro di più di settecento pagine, eppure le vicende raccontate potrebbero benissimo essere riassunte senza difficoltà in una paginetta. L’attrattiva del romanzo non è l’intreccio narrativo, bensì l’atmosfera che si viene a creare così come il linguaggio utilizzato: è un libro scritto magistralmente, difficile è non rimanere incollati alle pagine, non lasciarsi trasportare dalla storia. 

Le vicende vengono narrate da Elisa che, rimasta sola dopo la morte della madre adottiva, decide di raccontare la storia della sua famiglia. Il libro potrebbe essere suddiviso in due parti: la prima, che segue le vicende avvenute prima della nascita di Elisa e, di conseguenza, sbaglieremmo a considerare la sua una narrazione attendibile (e qui fa capolino il tema centrale del romanzo, come il titolo stesso suggerisce: la menzogna) e la seconda, dove questa si fa più personale e le vicende narrate, essendo state vissute in prima persona dal nostro narratore, possono considerarsi più affidabili. 

Tema centrale è per l’appunto la menzogna. Riportando un estratto dal romanzo stesso:

“Io ero, difatti, venuta in possesso dell’ultima e più importante eredità lasciatami dai miei genitori: la menzogna, ch’essi m’avevano trasmessa come un morbo. Veramente, i loro casi funesti, che nell’infanzia m’avevano tanto turbata, erano i piú adatti a immunizzarmi dal nostro morbo ereditario. Essi mi mostravano, infatti, la disumana, solitaria fine riserbata a chi rifiuta la sorte assegnatagli in questa vita; e si finge uno scenario e una compagnia di menzogne, eleggendole a sua sola verità. E partecipa ad esse, come un demente condotto a teatro, il quale si spaventa alla tragedia rappresentata, e urla vedendo la primadonna trafitta, e vuol precipitarsi sulla ribalta ad uccidere il tiranno. Ma il povero folle ha per sua giustificazione, se non altro, la propria inesperienza di finzioni e di teatri, o, quanto meno, il non aver lui medesimo assistito o cooperato all’allestimento dell’inganno. Mentre colui del quale io parlo adora e crede vere delle maschere fabbricate da lui stesso; e per esse rinnega la propria esperienza terrena, e quindi anche il fine celeste, cui questa è mezzo.“

Il morbo della menzogna, in grado di ammaliare le nostre menti, di farci vivere in una realtà illusoria ma seduttrice, in grado di cullarci, di rendere sopportabile una vita molto spesso crudele, ma che può portare anche alla nostra stessa rovina.

Semplicemente da leggere.

Emilia

Un giorno, nei dizionari, alla voce perfezione comparirà questo romanzo.

Menzogna e sortilegio romanzo

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