Erin Doom

Nel modo in cui cade la neve

Giorgia Vodola 

Col tempo acero capito che non è l'essere simili, a rendere speciale qualcosa. 

È il riuscire a trovarsi comunque, nonostante le proprie diversità. 

«Ti voglio da quando ti ho vista su quella spiaggia, gonfia del tuo respiro e nient'altro. Ti voglio da quando ti ho colta alzare continuamente il viso per cercare le stelle, anche se in città non si vedevano. Da quando ti ho guardata disegnare, e poi sorridere, perché un sorriso raro come il tuo splende solo per pochi. Ti voglio dalla prima volta che mi hai aiutato e non ho saputo dirti grazie». 

«Ma... cosa le hai fatto?» chiese il piccoletto, indicandomi.

Me ne andai prima che potesse vedermi crollare. 

A volte ci vuole il coraggio di sopportare. 

«A volte per vedere ci vuole più di un paio d'occhi» sussurrai. Il ricordo di quelle parole mi strinse la gola. «A volte serve un cuore... in grado di guardare». 

Dicono che le fasi del lutto siano cinque. 

La prima è la negazione. Il rifiuto della perdita, l'incapacità di accettare uno shock cosi radicale. Le altre sono rabbia, elaborazione, depressione e infine accettazione.

Non volevo 𝑟𝑖𝑓𝑖𝑢𝑡𝑎𝑟𝑒 la realtà. Io non riuscivo a realizzarla. 

Mi illudevo di tirare avanti, sopprimendo un dolore che poi esploderà come una creatura in gabbia. Avevo messo una chiave al mio cuore, ma la sofferenza non è qualcosa che puoi addomesticare. 

Si nutre delle tue speranze. Beve i tuoi sogni, i tuoi sguardi e le tue paure. 

Puoi fingere di non vederla, ma lei non ti lascia. 

Ogni tanto ti sussurra qualcosa. Ha la voce più dolce del mondo, ma è una cantilena che strazia il cuore. 

Non puoi dimenticarla. Lei impara ad aspettarti. 

E si adatta a te, proprio come una creatura viva. Impara a vivere nel tuo silenzio, vola tra i tuoi incubi, scava nel buio e mette le radici. 

Io volevo vivere, ma avevo la morte piantata nel petto. E più tentavo di strapparmela via più la sentivo scavarmi la carne, radicarsi in me, farmi marcire giorno dopo giorno. 

Non riuscivo più a contenere il dolore. Cercavo di soffocarlo, di nasconderlo, ma era come lottare contro un uragano mostruoso. Quella non era vita. Era il residuo di un'anima che andava avanti per inerzia. 

𝑀𝑖 𝑚𝑎𝑛𝑐𝑎𝑣𝑎 𝑑𝑎 𝑖𝑚𝑝𝑎𝑧𝑧𝑖𝑟𝑒. Mi mancava il suo abbraccio, il suo profumo, il suono della sua voce. Mi mancava tutto.

benni

IVY, non mi sono mai immedesimata in un personaggio così tanto!

Nel modo in cui cade la neve

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