Viaggio americano

Viaggio americano

NUOVA EDIZIONE EBOOK 2018, RIVEDUTA E CORRETTA. "Sulla strada!" avrebbe potuto scrivere in tono esortativo Fernanda Pivano come esergo di questo libro, riprendendo il titolo di un capolavoro che soltanto grazie alle sue insistenze e al suo amore per la poesia e la libertà abbiamo potuto leggere in Italia fin dagli anni Sessanta (insieme a quell'Urlo di Ginsberg che ci ha cambiati dentro), quando una certa America rappresentava il traguardo, il miraggio del nostro boom. Questa volta, però, il viaggio è diverso, l'orizzonte non disegna il confine tra la terra e il cielo o lo skyline di una città al tramonto: ci svolge e si tuffa dentro di noi, portando con sé le voci, le figure e le storie dei protagonisti della vita culturale americana del Novecento: Fitzgerald, Hemingway, Cowley. la Parker, Faulkner, Algren, Ginsberg, Kerouac, Corso, Williams, Carver, la Jong, Pynchon, la Highsmith, McInerney e Ellis, solo per citarne alcuni. Se da un viaggio si portano souvenir e cartoline, stucchevoli istantanee la cui sorte sono le pagine di un album, per Viaggio americano il destino è diverso: la passione, l'acutezza e l'entusiasmo dell'autrice ci trasformano d'incanto in compagni di strada e d'avventura, e siamo lì quando Ernest Hemingway studia la "profondità azzurra" delle Tortugas, quando Alice Toklas offre riso selvatico dal Mississippi, quando Jack Kerouac si sveglia improvvisamente famoso dopo una recensione a Sulla strada apparsa sul "New York Times", quando William Borroughs "riceve messaggi da altri pianeti" all'Hotel Muniria di Tangeri, quando Henry Miller arrossisce per una barzelletta sporca, quando Marilyn Monroe fa da segretaria al marito Arthur Miller, quando Lenny Bruce muore per "un'overdose d'arresti", quando Chet Baker mangia banane strimpellando il pianoforte, quando Charles Bukowski racconta di favolose vincite ai cavalli, quando Patti Smith si immagina come Salomè, quando... la storia diventa leggenda. E allora: "grazie Nanda," come ha scritto - in italiano - Jay McInerney sull'impareggiabile "New Yorker".
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