Se stiamo insieme Racconti di coppie di fatto
Ci accorgiamo di essere una “coppia di fatto” quando il fatto è fatto. In una sala di rianimazione, davanti a un giudice o dal direttore dI una banca. E siamo “di fatto” per differenza... Non invitare Adele Parrillo al funerale di Stefano Rolla, morto a Nassirya. Impedire a Rossana Podestà di vedere Walter Bonatti ricoverato in rianimazione dopo decenni di convivenza alla luce del sole. Non consentire a Michela Miti di decidere della sorte di Alberto Bevilacqua ricoverato in una struttura ospedaliera. Tre storie francamente inspiegabili che riguardano tre coppie alle quali non mancava nulla se non il crisma di un matrimonio, magari contratto dieci, venti o cinquant’anni prima... Non dovrebbe essere lo Stato a decidere chi ha diritto a presenziare a un funerale nè un parente a decidere delle sorti di un malato, se quel malato ha condiviso letto e tavola, sogni e speranze, “buona e cattiva sorte” con una persona che non può immediatamente trasformarsi in un’estranea. Per le coppie omosessuali, poi, le cose sono ancora diverse. Se le “coppie di fatto” eterosessuali sono tali per scelta, quelle omosessuali sono tali perchè è l’area grigia del fatto l’unica disponibile ad accoglierle. Nel tempio luminoso del diritto, sotto la luce abbacinante che promana dalla bilancia della giustizia, non c’è nessuno spazio per loro. «La legge è uguale per tutti», dicono. Beh, insomma. Per la legge noi non esistiamo: non esiste il nostro amore, non esiste la nostra vita, non esiste nulla. Dalla Prefazione di Ivan Scalfarotto