Michail Bulgakov

Il Maestro e Margherita

Elisa Lovato

Emilia

Hai pronunciato le tue parole come se non riconoscessi l’esistenza delle ombre, e nemmeno del male. Non vuoi invece essere così buono da riflettere sulla questione: che cosa avrebbe fatto il tuo bene se non fosse esistito il male, e che aspetto avrebbe la terra se da lei scomparissero le ombre? Sono le cose e le persone che generano le ombre. […] Ma ci sono anche le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai forse scorticare l’intera sfera terrestre, strappandone di dosso tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo, per la tua fantasia di abbandonarti al godimento della nuda luce?

In questo estratto, che fa parte di uno scambio di battute tra Levi Matteo e Woland, così come nella citazione di Goethe collocata in esergo al testo, è racchiuso tutto il senso di quest’opera incredibile: l’eterna lotta tra il bene e il male che, in questo romanzo, si contrappongono e, in alcuni casi, sembrano diventare quasi una cosa sola. Difficile trovare qualcosa di razionale da dire a proposito di un’opera che è altro dall’essere razionale; ho amato ogni singolo dettaglio di essa: dalla precisione chirurgica con cui Bulgakov descrive l’emicrania di Ponzio Pilato, alla scena del volo di Margherita fino, poi, alla scena del Ballo di Satana. E dunque, tutto ciò che ho da dire, per quanto possa sembrare banale, è che questo libro è un capolavoro.

Il Maestro e Margherita

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