Miles Davis

Quincy Troupe

Miles. L'autobiografia

Zamu

Nel mio modo di pensare, e di vivere la vita, non do mai niente per scontato. Penso in continuazione a creare qualcosa. Il mio futuro comincia ogni volta che mi sveglio al mattino. È propio li che comincia, quando mi sveglio e vedo la prima luce. Allora rendo grazie e non vedo l'ora di alzarmi, perché c'è qualcosa di nuovo da fare, da provare ogni giorno. Ogni giorno trovo qualche cosa di creativo da fare con la mia vita. La musica è una benedizione e una maledizione insieme. Ma la amo e non potrebbe essere diversamente.

Il bebop era cambiamento, rivoluzione. Non si trattava di rimanere fermi e mettersi al sicuro. Se si vuole rimanere creativi bisogna avere il coraggio di cambiare. Vivere è un'avventura, una sfida. Quando la gente viene da me e mi domanda di suonare qualcosa come "My Funny Valentine" e roba vecchia che ho fatto quando loro scopavano con una certa tipa e la musica li aveva fatti sentire bene, posso capirli. Ma gli dico di comprarsi il disco. Io non sono più fermo là e devo vivere per quel che è meglio per me e non per quello che è meglio per loro.

C'erano un sacco di novità nel 1960. Fra cui un sax alto nero di nome Ornette Coleman, che arrivò a New York e rivoluzionò tutta la scena jazz. Arrivò e lo piantò nel culo a tutti quanti.

Dopo aver finito di lavorare a Sketches of Spain non avevo più niente dentro di me. Mi sentivo svuotato di tutte le emozioni e dopo aver fatto tanta fatica a suonare quella roba così diffcile non volevo più ascoltarla.

Invece di essere sempre circondato da puttane e magnaccia, adesso mi trovavo in mezzo a un sacco di artisti: poeti, pittori, attori, achitetti, registi, ballerini. Mi trovai ad ascoltare gente come Allen Ginsberg, LeRoi Jones, William Burroughs e Jack Kerouac.

Miles. L'autobiografia

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