Nell'armadio
Hana, la giovane protagonista del romanzo, rientra improvvisamente a Praga dall’estero, dove vive, nascondendo a tutti il vero motivo. Una volta tornata non ha un posto dove stare e non ha la minima idea di che fare della sua vita. Sua sorella deve buttare via un armadio, e le si accende una lampadina. Sistema l’armadio in un angolo nascosto del cortile dello stesso caseggiato e… ci va a vivere. Questa surreale, deprimente e a tratti buffa situazione diventa la metafora della ricerca del proprio spazio nel mondo, ovvero del senso dell’esistenza e dell’incessante affannarsi per qualcosa. Seguiamo allora Hana nelle prove della sua vita, o meglio della sua sopravvivenza, attraverso le fantasiose bugie con cui fodera il suo esistenzialismo minuto e quotidiano per parare i colpi più duri (ma senza risolvere niente). La sua vita, anche prima dell’evento che scatena il ritorno in patria, è un misto di insoddisfazioni. Una relazione in esaurimento, che sfocia in un esito tragico ma salvifico. Il lavoro, la precarietà, la difficoltà di crescere, di integrarsi nel “ sistema ”. La famiglia, di cui cerca l’approvazione in un rapporto irrisolto, come tutti. L’amore, che come un elettrodomestico non funziona mai bene. Il ruolo della donna, la critica sociale. La mancanza della “ sensazione di casa ”, il sentirsi sempre fuori posto (particolarmente quando si trova nelle case altrui, “eterna ospite”). Vive una vita esplosa, in cui sembra camminare scalza tra i cocci, seguita passo passo e con crescente empatia dal lettore. Tereza Semotamová trova la chiave per raccontare questo mondo in frantumi mescolando i tempi dell’azione e del ricordo come in un cocktail, tintinnio del ghiaccio compreso, e giocando con la lingua. Sovrappone i registri linguistici, nell’originale il ceco e lo slovacco, inserisce nella sua prosa riferimenti letterari e filosofici elevati e rimandi a programmi televisivi, canzoni pop o folk, classici della poesia, filastrocche, brani tratti da Wikipedia o pubblicità, il tutto apparentemente a sproposito, con effetti stranianti e spesso brillanti. Alessandro De Vito