I fratelli Karamazov

I fratelli Karamazov

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gio☕@wotchergiorgia
5 stars
Sep 7, 2022

Herman Hesse diceva: “Dobbiamo leggere Dostoevskij quando ci sentiamo a terra, quando abbiamo sofferto sino ai limiti del tollerabile e tutta la vita ci duole come un’unica piaga bruciante e cocente, quando respiriamo la disperazione e siamo morti di mille morti sconsolate. Allora, nel momento in cui, soli e paralizzati in mezzo allo squallore, volgiamo lo sguardo alla vita e non la comprendiamo nella sua splendida, selvaggia crudeltà e non ne vogliamo più sapere, allora, ecco, siamo maturi per la musica di questo terribile e magnifico poeta.” Così ho fatto io. Ho preso in mano questo libro in uno dei momenti più bui della mia vita. Ero arrabbiata, mi sentivo incompresa, come intrappolata in un tunnel affatto illuminato di cui non volevo vedere la fine. Ero delusa, credevo di essere circondata dal male e dall’ingiustizia, credevo che tutti stessero sbagliando con me e che io, solo io, fossi nel giusto. Ero insoddisfatta. Insoddisfatta di quello che stavo facendo, di come lo stavo facendo; insoddisfatta dei risultati che ottenevo - che credevo di non stare ottenendo. Ero arrabbiata, ferita, amareggiata. Provavo ripugnanza, quasi, nei confronti di tutti quelli che mi circondavano. Avevo bisogno d’aiuto, eppure non facevo altro che ritrarre quella mano che temevo qualcuno avrebbe afferrato. Non facevo altro che rinviare di continuo le sedute dalla psicologa. Avevo paura, perché mi sentivo estranea a me stessa. Mai in vita mia mi sono tanto sentita diversa da me, lontana anni luce da me. Così ho cercato aiuto da sola, ho cercato aiuto in qualcosa che non fosse l’umanità, bensì il prodotto delle mie stesse sofferenze, vissute però da qualcun altro: così ho preso in mano questo libro. Subito, dalle prime pagine, ho sentito di appartenergli, di far parte di questa storia, di questo piccolo mondo. Dostoevskij parlava di me; parlava di me e con me, parlava di me con altri. Mi sono sentita spogliata davanti a tutti, senza però provarne vergogna. La mia anima nuda, vulnerabile, graffiata, s’è rivelata a un tratto leggera, ristorata, rinfrescata. È stato come se fossi stata spinta, da un alto dirupo, in un lago d’acqua ghiacciata e poi tirata fuori a forza un paio di secondi dopo, senz’aspettare che il mio corpo s’abituasse a quella temperatura rigidissima, senz’aspettare che quell’acqua divenisse per me confortante. Sono stata strattonata a forza, spinta in un angolo e messa a guardare la mia stessa anima così perfettamente racchiusa nelle pagine di questo libro. Io sono questo libro, ho pensato per tutta la lettura. Questo libro parla di me, è me. È stato per me un amico, un nuovo amico del tutto estraneo. Perché è di questo che avevo bisogno: di un amico così lontano da me con cui parlare, da cui farmi confortare. Avevo bisogno di un amico nuovo, che di me non sapesse nulla e che pure fosse così in grado di capirmi. Avevo bisogno di una nuova spalla su cui piangere, di una nuova casa in cui rifugiarmi, di un uovo muro da prendere a pugni, di un nuovo pozzo in cui urlare a squarcia gola, sfogarmi. Avevo bisogno del nuovo, dell’ignoto. Necessitavo del buio, che riaccendesse di nuovo la mia luce, necessitavo del freddo, che mi riportasse il calore. Buio e freddo. Questo è stato per me. Confortante? No. Indispensabile? Sì. I Fratelli Karamazov sono stati i fratelli che non ho avuto mai. Sono stata loro sorella, loro complice, loro confidente. Ho voluto bene ai miei fratelli, sempre presenti, per me, nel momento del bisogno. Non mi hanno lasciata sola nemmeno per un momento, in questi due mesi trascorsi insieme. Hanno accolto la mia rabbia, la mia frustrazione. Hanno accolto me, esattamente così com’ero e come non voglio essere più. Non sarò più quella che ero, impossibile. Perché ora so che esiste una me prima de I Fratelli Karamazov e una me dopo I Fratelli Karamazov. Ed è di questa seconda me di cui, da oggi in poi, mi prenderò cura, ricordandomi di quanto questo libro mi sia stato amico, guida, anima. Avevo bisogno di questa lettura, la cercavo da tempo, la chiedevo disperatamente fin quando, poi, non mi è stata data. Me la sono regalata, cosciente che m’avrebbe cambiata, ma ancora non avevo idea di quanto. Mentre leggevo, in questi mesi, sentivo di star cambiando a ogni pagina, sentivo di star venendo educata, preparata a una vita diversa da quella che credevo. Sapevo di star cambiando restando sempre la stessa. Mai c’è stato libro più amico della mia anima. Mai c’è stato libro più simile a me. Ed è stato quando ero sull’orlo di scoppiare, che l’ho afferrato con tutta la forza che sono riuscita a metterci, portarlo fuori di casa insieme a me, sedermi sulla panchina del parco - era la mattina del 24 dicembre, fuori si congelava - e fatto la mia ora di terapia senza nessuno a cui parlare dei miei problemi, dal momento che i miei problemi parlavano a me attraverso le parole di Dostoevskij. Buio e freddo, ancora, una volta e per sempre. “Io ti leggo da parte a parte” credo sia la frase ripetuta più volte in tutto il romanzo. Ed era così che mi sentivo io: attraversata da parte a parte, compresa, messa alla luce “una volta e per sempre”. Mi sono sentita così quando - quella mattina della Vigilia di Natale - ho aperto il libro sulle ginocchia, al freddo del parco, e mi sono ritrovata dinanzi a: “Il vecchio non la smetteva più. Era arrivato a quel punto di ubriachezza, in cui tanti ubriachi, fin qui pacifici, son presi da un bisogno irresistibile di andar in collera e di far fracasso” sopra a cui ho scritto esattamente “anche senza essere ubriachi”. Perché era così che mi sentivo in quel momento: bisognosa d’andare in collera, d’arrabbiarmi e di litigare con tutti. Per questo prima, a casa, m’ero infilata le scarpe, il cappotto, avevo afferrato il libro e avevo preso la porta annunciando: “Vado a sbollire.” E aprire, una volta fuori, il mio amico libro, ritrovarmi a leggere quella pagina de I Lussuriosi, m’ha curato la collera. Questo libro è stato per me la terapia che avevo paura di sostenere, la mano che non volevo afferrare, la cura a tutti i miei mali. Ed è per questo che non volevo finirlo, per questo che da domenica scorsa - quando già sapevo che sarebbe stata la mia ultima settimana con I Fratelli Karamazov - cercavo di prepararmi alla fine, ad oggi, vedendolo come un giorno lontano, inaccessibile. Eppure ci sono arrivata, l’ultima pagina è stata chiusa e la mia storia con il mio amico libro, medico della mia anima, finita. Ma io so, lo so con certezza, che questo libro non sarà mai finito, che l’ultima pagina non sarà mai chiusa fino a quando so che esso sarà qui per me, con me, vicino all’anima mia.

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Jas@karmiof
5 stars
Jan 3, 2025
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Alessandro Fusco@parnassius
5 stars
Feb 19, 2023
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5 stars
Nov 3, 2022

Highlights

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Rebecca Moraglia@rebeccamoraglia

Infatti ciascuno tende ora a isolare il più possibile la propria persona, cerca di sperimentare in se stesso la pienezza della vita: e intanto, da tutti i suoi storzi, risulta, non già una pienezza di vita, ma nient'altro che un pieno suicidio, giacché, in luogo d'una piena determinazione del proprio essere, si va a cadere nel piú totale isolamento. E (…) ciascuno si isola nel suo buco, ciascuno si allontana dall'altro, si rimpiatta e rimpiatta ciò che possiede: e finisce che si preclude ogni contatto cogli altri, e preclude agli altri ogni contatto con sé. (…) S'è infatti abituato a sperare in sé solo e s'è separato dal tutto come una monade a sé stante: ha avvezzato la sua anima a non aver fede nell'aiuto degli altri, negli uomini e nell'umanità (…)

Parte seconda, libro sesto

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Rebecca Moraglia@rebeccamoraglia

- (…) L'importante è che non mentiate a voi stesso. Colui che mente a se stesso, e dà ascolto alla sua propria menzogna, arriva al punto che piú nulla di vero riesce a distinguere né in sé né intorno a sé, e quindi finisce a non stimare né se stesso né gli altri. Non stimando nessuno, cessa d'amare, e per trovare, cosí privo d'amore, qualche cosa che lo interessi e lo distragga, s'abbandona alle passioni e ai grossolani piaceri, e scende nei suoi vizi addirittura al livello dei bruti: tutto questo per l'incessante mentire che fa al prossimo e a se stesso. E colui che mente a se stesso è certo il piú suscettibile d'offendersi.

Parte prima, libro secondo

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