Abel Un western metafisico
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Se ne andò senza neanche salutare, perché spesso gli uomini che hanno i coglioni per andarsene non li hanno poi per dire grazie, o semplicemente addio.

Voglio dire, l’hai capito se fa sul serio o è tutta una grande recita? Allora lo guardai come se il medico dei matti fossi io. Avevo capito la domanda e conoscevo la risposta. Non ha senso chiedersi una cosa del genere, signore, così come non ce l’ha cercare di capire se Hallelujah è buona, o furba, o tutt’e due, o solo matta. Ci ho pensato a lungo. Il punto è che lei è infinita, signore.

sfilare via un condannato da un patibolo è una cosa poco apprezzata dalle autorità, che dunque mettono grande cura nel renderla impossibile.

poi un vecchio mi dice che il dottor Wood è malato, lo troverò al fiume, alla casa del guado. Un dottore malato, penso a voce alta. Il vecchio mi dice che esistono anche sceriffi corrotti, notti luminose e sentieri che non portano da nessuna parte. Io stesso, aggiunge, sono un vecchio bambino.

Lì per lì non trovai nulla da aggiungere. In ogni caso finì tutto in una grande bevuta – di solito finisce così, nell’Ovest, tutto quello che non riesce a finire.

Se avesse detto qualcosa, ora so, avrebbe detto che se spari non ti puoi concedere di andare dietro a certe idee. Pensa semplice, o morirai.

chi spara senza aver paura, o è scemo o è riuscito a cacciare la paura dalla superficie del suo mondo, seppellendola in una segreta in cui è destinata a crescere in modo invisibile e feroce. Per cui, in realtà, non c’è nessuno che conosce la paura come i pistoleri che non hanno paura. Continuava ad accarezzarmi, millimetricamente, la testa, mentre parlava. Che Dio li protegga, aggiuse.

È triste dirlo, sosteneva, ma un buon pistolero mira al ventre, dove il bersaglio è grande e doloroso. Solo alcuni virtuosi, aggiunse, hanno predilezione per la testa, pochissimi concentrandosi sulla fronte.

prima che le cose diventassero cose, sosteneva Keplero, Dio era geometria allo stato puro

chi uccide un uomo si confonde con lui per sempre

Disse che il caso esiste, sì, ma di rado. È una variante periferica del reale. Aggiunse che quando si è vissuto abbastanza per capire, quel che si capisce è che siamo segmenti di figure più ampie. Incapaci di leggerle, vediamo accadimenti casuali dove invece sfila il profilo di forme in cui sono scritti i nomi del mondo – immani pittogrammi. Con una certa imprecisione, molti definiscono quella scrittura – innata all’uomo – con la parola destino.

C’erano anche i selvaggi, ovviamente. Faccio fatica a parlarne. Da noi si chiamavano Absaroka, o Makah. E c’erano sulla costa i Nootka. Non ci passava nemmeno per la testa che fossero umani. Ci volle del tempo. Erano parte dell’Intatto, del suo sperma. Come i cervi, le aquile o i lupi. Animali, li abbattevamo. Bestie feroci, ci abbattevano.

sono nato un giorno sul bordo dell’Intatto, quando mio padre sparò un colpo di Sharps e io capii che il mio modo di creare sarebbe stato schiudere il mistero premendo il grilletto