Reviews

Forse è l'antipatia che provo nei confronti di Manzoni che mi impedisce di farmi piacere questo libro davvero? Non lo so. Ho opinioni contrastanti. Purtroppo credo che sia il modo in cui viene fatto leggere a condizionarmi e a condizionare moltissime persone: leggere per obbligo non mi è mai piaciuto. Leggere qualcosa perché devo leggerla, perché poi vengo testata e messa alla prova sulla stessa, non mi piace. La lettura deve essere un piacere e un diritto, non una sofferenza e un dovere. I Promessi Sposi non li amo e, a dirla tutta, non li ho mai amati, anche se, in un passato, mi sono forse piaciuti più di quanto non mi piacciano ora. È che no, non li ritengo la meravigliosa opera letteraria che mi viene invece presentata - ma, ripeto, ho paura che sia l'antipatia che nutro nei confronti di Manzoni a bloccarmi. E di solito distinguo bene autore e opera, ma qui proprio non ci riesco; perché lui è qui, in ogni pagina, sempre a ricordare la sua presenza. E, dunque, sono stata terribilmente frenata. Però, al di là di questo, no, non credo siano straordinari; rivoluzionari per la loro epoca, certamente, ma non credo siano "l'opera dell'Italia", quel posto, a mio parere, è del Sommo Poeta e a lui non si toglie. È un romanzo - constatato che è rivoluzionario, ok - come molti altri, da una trama come se ne possono trovare molte prima di lui - migliori di lui - e con dei personaggi che, a parte un paio, non mi entusiasmano per nulla. Perché gli unici interessanti, per me, sono stati e saranno sempre Gertrude e l'Innominato; perché loro? Proprio non lo so. Al di là di tutto, c'è poi un fatto alla base che riguarda i miei gusti personali: sebbene io ami i romanzi storici, amo in primo luogo, soprattutto e più di qualsiasi altra cosa, viaggiare. Io ho bisogno di viaggiare mentre leggo, di sparire e ritrovarmi dall'altra parte del mondo, in una terra lontana che, forse, è probabile che io non veda mai. E, allora, non leggo mai libri ambientati in Italia, specialmente qui, proprio dove vivo io. Perché mi fanno sentire in trappola, come se da qui non ci fosse più una via d'uscita. E Milano, Bergamo, Lecco, paesi vari, le Alpi e i laghi mi sono troppo familiari.

I read this because in an interview, Frank M. Snowden, a professor emeritus of history and the history of medicine at Yale, called it "the great plague novel." What Snowden didn't say is that the plague doesn't even get mentioned for more than 500 pages and doesn't really make an appearance until at least 100 more! The plot is trite, the characters simplistic, and the ending preposterous, but Manzoni was much more interesting as a historian than novelist - the chapters about the forms that power took in 17th-century Italy, about the bread riots, and yes, the plague in particular, are fascinating and make the 720-page trudge worthwhile.





















