La casa, il benessere e le disuguaglianze
Amartya Sen ha giustamente sostenuto che il benessere delle persone va misurato in base alla loro capacità “di essere e di fare”, cioé alle capabilities che permettono a ciascuno di soddisfare il proprio diritto a trovare la realizzazione di sé in una “buona vita”. In questa visione del benessere, la dimensione abitativa e residenziale occupa un posto centrale. Non è un caso che negli indicatori del benessere elaborati dalle grandi organizzazioni internazionali l’abitazione figuri subito dopo il reddito, la salute, l’istruzione. La casa di residenza incide sul benessere personale in vari modi. I più ovvii sono il conforto e la vicinanza al posto di lavoro e ai servizi essenziali per la famiglia; ma al benessere contribuisce anche la qualità dello spazio urbano: infrastrutture quali i grandi parchi, le aree verdi, le aree-giochi e gli spazi comuni che favoriscono la socialità. Non va poi dimenticato che ogni discorso sulla dimensione abitativa si interseca fatalmente con la criminalità e con la povertà. A questi scottanti problemi sociali – e ad una delle loro cause principali, la diseguaglianza – il benessere personale è infatti indissolubilmente legato, sia direttamente – a causa dell’insoddisfazione e del disagio psicologico di vivere in una zona degradata – sia indirettamente – in quanto essi impediscono una soddisfacente vita sociale. Questo volume svolge un’analisi economica dell’abitare rivolta ad approfondire i principali fattori che spiegano quanto la casa e lo spazio urbano contribuiscano da un lato al complessivo benessere sociale e dall’altro alle disuguaglianze.