Le botteghe di Tiziano
Tradizionalmente la storia dell'arte presume che i grandi pittori del passato, come Raffaello, Rubens e Rembrandt, abbiano prodotto i loro capolavori in una sorta di splendido isolamento. Solo di recente, gli specialisti si sono resi conto che le cose non stavano affatto così, ma che gli artisti erano a capo di botteghe più o meno allargate. Le loro opere, in gran parte, sono il risultato di un lavoro collettivo, non di un unico genio solitario. Stranamente, il vasto corpus delle opere di Tiziano Vecellio non è mai stato esaminato in modo sistematico sotto questo punto di vista. Strano davvero, perché quella di Tiziano risulta essere una delle prime - se non addirittura la prima in assoluto - "fabbriche d'immagini", operativa a livelli non solo locali e regionali, ma anche europei: un laboratorio che, in quasi tre quarti di secolo di attività, ha saputo realizzare una quantità sbalorditiva di opere pittoriche di vario tipo e categoria, segnando così profondamente il corso dell'arte italiana ed europea. Come dobbiamo immaginarci il "modus operandi" tizianesco? Quante persone erano impegnate nell'officina e con quali compiti, con quali finalità? Intanto va osservato che parlare di "bottega" di Tiziano al singolare costituisce una semplificazione inammissibile. Né tantomeno si può parlare di un unico modus operandi tizianesco, ma piuttosto di una varietà di approcci determinati dalle circostanze. La partecipazione, i ruoli, le responsabilità del maestro, degli assistenti (familiari o altro), degli allievi, dei collaboratori occasionali chiamati a realizzare le molteplici imprese dell'officina, risultano differenziati nei tempi e nei luoghi, e segnati dalle specifiche condizioni tecniche, economiche, ideologiche ecc. Piuttosto che di "Tiziano" converrebbe parlare di un "sistema Tiziano", di un organico flessibile, pragmatico, adattabile alle esigenze che si presentavano di volta in volta in forma diversa, del quale facevano parte personaggi come Francesco e Orazio Vecellio, Paris Bordon, Girolamo Dente, Polidoro da Lanciano, Jan van Calcar, Christoph Schwarz, Simone Peterzano, Emanuel Amberger, Dirck Barendsz e molti altri. È facile immaginare che questo "sistema" agevolava la circolazione delle tipologie e dei modelli tizianeschi, sia all'interno che all'esterno della bottega, in maniera non sempre controllata o controllabile da parte del maestro. Non tutti i "Tiziano" sono opere di Tiziano - l'osservazione può sembrare una banalità -, ma tutti i "Tiziano" sono, in un modo o un altro, collegati al sistema produttivo dell'officina. Ecco che si delinea la vastissima tematica affrontata nel libro con sostanziali novità di dati, anche sulle attività socio-economiche della "ditta Vecellio", e di metodo. Il libro offre, infatti, una serie di piste diverse per orientarsi nell'immenso catalogo tizianesco, muovendo lungo uno sviluppo cronologico che trova nel duplice soggiorno ad Augusta, presso la Dieta imperiale (1548 e 1550-1551), una congiuntura fondamentale e determinante nel riassetto del sistema di produzione. Il numero e le tipologie dei quadri realizzati da Tiziano e dalla bottega vengono monitorati in due fasi distinte, situate prima e dopo i viaggi in Germania e contraddistinte da esigenze e funzioni diverse. Vengono così individuati i principali filoni iconografici che Tiziano affronta usufruendo in larga misura del prezioso apporto dei collaboratori, come le "Madonne con il Bambino e santi" e le grandi pale degli anni '20 e '30, le repliche dei soggetti realizzati per Filippo II di Spagna negli anni '50-'70, o i temi devozionali diffusi soprattutto negli ultimi tre decenni di attività, con un'attenzione particolare alle questioni relative alla tecnica pittorica. Nell'ultima sezione si chiarisce come ai confini della bottega, fra la fine del Cinque e i primi del Seicento, si sia andato cristallizzando progressivamente quel "modello Tiziano" che si sarebbe rivelato essenziale per la nuova concezione della pittura tramandataci da grandi maestri europei come Velázquez e Rembrandt. Il libro porta la firma di quattro studiosi che, negli ultimi tre anni, hanno collaborato a un'impresa collettiva basata su un concetto unico, come si evince (nonostante le differenze redazionali e le - peraltro necessarie ed essenziali - diversità di approccio) dalla struttura organica e tripartita del volume, riportata nel sommario.