Cool war. Stati Uniti e Cina. Il futuro della competizione globale
Nel 1989, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Guerra fredda si concluse con la vittoria dell’Occidente. Oggi una nuova epoca di bipolarismo mondiale è alle porte: l’era della Cool war, la «guerra fresca» che opporrà Stati Uniti e Cina. Lacorsa agli alleati e alle risorse è già ben visibile in Asia orientale, ma presto si estenderà in Medio Oriente, in Africa e oltre ancora. Eppure, questa Cool war è una guerra diversa da tutte le altre. Al contrario della Guerra fredda, non è un conflitto «a somma zero», in cui la vittoria di una parte corrisponde necessariamente alla sconfitta dell’altra. La superpotenza statunitense e la sua grande rivale del XXI secolo mostrano un livello di interdipendenza economica senza precedenti.Un quarto delle esportazioni cinesi è diretto negli Stati Uniti, e l’8 per cento del macroscopico debito americano è detenuto dal governo di Pechino.Per cogliere i cambiamenti in atto e i possibili sviluppi, è necessario osservare lo scenario internazionale senza rigidità ideologiche, soffermandosi in particolare sul modello politico-economico della Cina contemporanea. Il quadro tracciato da Noah Feldman – che unisce dati, episodi di cronaca, politica comparata e teoria delle Relazioni internazionali – porta a conclusioni sorprendenti. Certo la Cina è lontana dal diventare una democrazia, ma il folgorante sviluppo economico degli ultimi anni conferisce al governo del Partito comunista un’elevata legittimità popolare. Le élite al potere non sono né impermeabili né immobili: alle carriere dei «principini» ereditari si affiancano quelle dei «meritocrati». Il proverbiale pragmatismo delle classi dirigenti è tale da temperare la corruzione e consentire una governance nel complesso responsabile. La libertà di parola è fortemente limitata, ma l’opinione pubblica ha modo di protestare e denunciare gli scandali più di quanto non si creda.La Cool war avrà implicazioni profonde non solo per i due protagonisti, ma per il mondo intero: per gli stati e i loro sistemi di governo, per le istituzioni internazionali e i diritti umani, per le multinazionali e l’economia globale. Solo intrecciando cooperazione e competizione, la Cina, gli Stati Uniti e tutti gli attori di minor rilievo potranno scongiurare i rischi di caos e instabilità, o persino di una catastrofica «guerra calda».