
Reviews

Probabilmente il numero 1 tra i libri da leggere almeno una volta nella vita. Sicuramente non una lettura leggera, ma mi ha colpito anche la capacità narrativa di Levi, che rende questo libro non una spoglia testimonianza, ma un vero romanzo a 360°.

«Questo è l’inferno. Oggi, ai nostri giorni, l’inferno dev’essere così, una camera grande e vuota, e noi stanchi stare in piedi, e c’è un rubinetto che gocciola e l’acqua non si può bere, e noi aspettiamo qualcosa di certamente terribile e non succede niente e continua a non succedere niente.»

Non potrei descriverlo meglio se non attraverso le parole dell'autore stesso: (...) io credo nella ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso, e perciò all'odio antepongo la giustizia. Proprio per questo motivo, nello scrivere questo libro, ho assunto deliberatamente il linguaggio pacato e sobrio del testimone, non quello lamentevole della vittima nè quello irato del vendicatore: pensavo che la mia parola sarebbe stata tanto più credibile ed utile quanto più apparisse obiettiva e quanto meno suonasse appassionata; solo così il tesimone in giudizio adempie alla sua funzione, che è quella di preparare il terreno al giudice. I giudici siete voi. Una voce intelligente quella che si leva al servizio della memoria. Nel modo da lui enunciato, è meno struggente e dilaniante leggere di quegli eventi. E soprattutto, permette di ragionare più lucidamente senza lasciarsi prendere dal facile pathos. Non bisogna commuovere, instillare odio, ricercare un caprio espiatorio: bisogna far ragionare. Non appare tuttavia come sterile elenco di fatti e immagini: l'autore inevitabilmente introduce qualche riflessione sull'agire e sul pensare umano, così come il Lager gli ha dato modo di osservare. Ne esce fuori un testo piacevolissimo. Un libro che consiglio caldamente, uno di quelli che prima o poi devono essere letti.

Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c’è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.

I enjoyed this book because it brought me into an entirely new world - something I've had the privilege of not experiencing. It almost feels "fill in the blank"-pian (as in dystopian, utopian but this is like WWIIpian) because they live in a world with a different set of rules. Working just enough to conserve energy, not asking questions because it is futile, trading information, the art of bartering and the art of getting the best portion of soup depending on where in line they stand. To me, hunger is when I want a tea time snack. To Levi, it was something entirely different. Just as out hunger is not that feeling of missing a meal, so our way of being cold has need of a new word. We say “hunger”, we say “tiredness”, “fear”, “pain”, we say “winter” and they are different things. They are free words, created and used by free men who lived in comfort and suffering in their homes. If the Lagers had lasted longer a new, harsh language would have been born; and only this language could express what it means to toil the whole day in the wind, with the temperature below freezing, wearing only a shirt, underpants, cloth jacket and trousers, and in one’s body nothing but weakness, hunger and knowledge of the end drawing nearer.



















Highlights

Che siamo schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi certa, ma che una facoltà ci è rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni vigore perché è l'ultima: la facoltà di negare il nostro consenso.